La Sagra di San Marco

La sagra di San Marco viene chiamata così perché prende il nome dal patrono di Canove luogo dove si svolge ancora ad oggi la sagra.

Prima della guerra la sagra di San Marco non altro era che una fiera franca del bestiame, attesa da tutti per acquistare quanto occorreva per la vita. Questa festa paesana coinvolgeva già allora tutto l’altopiano ed era rallegrata da giochi per bambini e l’aria era costantemente rallegrata dalle campane della chiesa che suonavano la Tin Tan Nona (canto cimbro). Dopo la guerra i profughi rientrarono a quello che restava di canove, con la ripresa della vita ritornò anche la Sagra in onore del Patrono ma le disponibilità finanziarie condannarono la festa ad un ridimensionamento.
Ma ecco in un angolo della piazza spuntare un tavolino pieno di coloratissimi kükklen! Ma che cos’è il cuco? Che cosa rappresenta? Il cuco è l’emblema di questa Sagra di primavera. Materialmente è uno zufolo, un’ocarina a due note, una specie di pallina vuota con una prominenza a tubo, un buchetto per far fuoriuscire l’aria immessa a fiato ed una tacca od un forellino laterali nella parte opposta. Soffiando nel tubetto il cuco emette un suono, ma se con un dito si chiude il forellino frontale ne emette un altro. Anticamente i cuchi erano costruiti in creta locale poi venne il gesso da presa, e in fine la terracotta o ceramica. Il cuco in terracotta venne gradualmente abbellito, mettendo una statuina che tutti erroneamente credono un carabiniere.

E venne la seconda Guerra Mondiale, che lo svuotò delle forze valide, che portò morte e devastazione. Passati gli anni roventi della ricostruzione, nella pace ritrovata, la sagra di San Marco di Canove riapparve prima timida e poi, di anno in anno sempre con più vigore, ritrovò la sua vitalità.

C’è inoltre un aspetto molto romantico e significativo dietro al cuco: il cuco è pegno di simpatia, di amicizia, di affetto e, negli anni addietro, d’amore, esso viene regalato dai giovani alle proprie fidanzate, o spassionatamente ad una ragazza che sta a cuore.

Altre caratteristiche di questa giornata, la prima riguarda un aspetto culinario in quanto tipico del 25 aprile a Canove è il capretto con la polenta, in secondo luogo non si può non parlare di San Marco, e del periodo che lo segue e lo precede, senza accennare a quelle che sono le condizioni meteorologiche, San Marco di mestiere faceva l’ombrellaio, questo è il cosiddetto periodo della kükkasnèa (neve del cuculo) e finché il cuculo non canta la primavera non è aperta.

Estratto dal libro: “Tradizioni dei Sette Comuni” di Luigi Frigo Bettinado